Meningite: sintomi, contagio e profilassi

I casi di meningite sono in lento ma costante aumento, soprattutto in Toscana, dove l’infezione è diventata allarme, fino ad indurre le autorità sanitarie a disporre campagne straordinarie di vaccinazione. È una malattia che fa paura, perché uccide rapidamente o invalida a vita. Dopo il dramma del bambino di 22 mesi morto a Firenze, l’Istituto Superiore di Sanità è stato categorico: «da irresponsabili non vaccinare i bambini in Toscana in un momento come questo».

Ecco una breve ed utile guida per sapere tutto sulla malattia.

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I sintomi

Nella fase iniziale i sintoni non sono facilmente riconoscibili e per questo la diagnosi spesso arriva in ritardo. Nelle prime 10 ore compaiono febbre e uno stato molto simile a quello influenzale. Successivamente la febbre diventa alta, con rigidità muscolare e forte mal di testa. Dopo circa 20 ore i sintomi diventano più gravi: perdita di conoscenza, convulsioni, macchie sul corpo e vomito a getto. Quando il batterio agente è il meningococco C, il più grave, nel 10% dei casi la morte sopraggiungere in poche ore.

 

Come si trasmette

I batteri che provocano la meningite si trovano nelle alte vie respiratorie – bocca e naso – e sono il meningococco, il pneumococco e l’emofilo. L’infiammazione colpisce le meningi: le membrane che rivestono il cervello e il midollo spinale.

La trasmissione avviene attraverso secrezioni respiratorie, ma i batteri, fuori dall’organismo umano, sopravvivono per pochi minuti, perché risentono delle variazioni ambientali. Tuttavia, solo nello 0,5% dei casi la malattia è trasmessa da persone affette: il contagio avviene soprattutto dai portatori sani di batteri.

I soggetti a rischio

A rischio sono considerati soprattutto i bambini più piccoli e gli under 25, perché le maggiori situazioni di socializzazione favoriscono il contagio. Tuttavia risulta estremamente difficile individuare categorie più esposte di altre. L’unico modo per prevenire la malattia è il vaccino. Tuttavia, secondo i dati diffusi dall’ISS in Italia non è vaccinato un bambino su 4.

 

Il vaccino

Anche secondo Alberto Villani, presidente della Società Italiana di Pediatria, l’unica vera prevenzione contro la malattia è il vaccino: «è dimostrato che il tempo medio di arrivo in ospedale è di 16-18 ore e si è già nella fase in cui un paziente su 10 muore e 3 su 10 hanno esiti permanenti. L’unico vero salvavita è il vaccino. Un’alta copertura nei bambini protegge anche gli adulti non vaccinati. Meno gira il germe, meno rischio c’è».

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La profilassi

Il periodo di incubazione dura 10 giorni, durante i quali è possibile fare la profilassi con terapia antibiotica specifica: più è precoce e maggiori sono le possibilità di guarigione.

Come suggerisce il virologo Pregliasco «per persone che hanno avuto contatti stringenti e duraturi con gli ammalati è indicata una profilassi breve e a cura di antibiotici mirati, mentre gli altri devono solo stare attenti all’insorgenza dei sintomi».

Nella valutazione di “contatto diretto” vengono considerati i conviventi, compreso anche l’ambiente di studio o di lavoro (stessa stanza), chi ha dormito o mangiato spesso nella casa del malato, chi nei sette giorni precedenti ha avuto contatti con la sua saliva (basi, stoviglie, giocattoli).

 

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